È morto Di Stefano, la «freccia bionda» che fece grande il Real È morto Di Stefano, la «freccia bionda» che fece grande il Real

Publicado el 07/07/2014

Era ricoverato a Madrid per un infarto. Ha vinto 5 Coppe Campioni, 1 Intercontinentale e 8 campionati. Due volte Pallone d’oro, non ha mai potuto giocare un Mondiale

La Saeta Rubia si è fermata per sempre. A 88 anni Alfredo Di Stefano, leggenda del calcio mondiale, ha ceduto alla fine all’ennesimo attacco cardiaco. Il suo cuore soffriva da tempo: nel 2005 gli era stato applicato un pacemaker. Colpito da infarto mentre era in strada, a Madrid, l’ex fuoriclasse del Real era stato ricoverato sabato 5 luglio all’ospedale Maranon in condizioni critiche.

 

Con Puskas e gli altri grandi

Argentino, nato nel 1929 a Buenos Aires, figlio di un emigrato italiano, da metà degli anni Cinquanta Di Stefano ha acquisito anche la cittadinanza spagnola. Proprio in Spagna, dopo gli esordi argentini nel River Plate e una prima parte di carriera in Colombia, è diventato uno dei simboli del Real Madrid che con lui e con altri campioni come Puskas, Kopa e Gento, ha cominciato a costruire la propria leggenda internazionale.

 

Dalla Colombia all’Europa

Il soprannome glielo trovano subito i tifosi argentini: quel ragazzo dai capelli chiari e dallo scatto fuori dal comune diventa la «saeta rubia», la freccia bionda, già da adolescente nella seconda squadra del River Plate. Il Real Madrid lo porta in Europa quando la sua fama in Sudamerica è già grande come i successi della squadra colombiana del Millonarios, che in quattro stagioni contribuisce a far grande con tre titoli nazionali, 157 gol e numeri di tecnica sopraffina. Ma il campionato colombiano non è parte della Fifa e Di Stefano rientra in Argentina. Sembra possibile un ritorno al River, ma invece spuntano le due Grandi di Spagna, il Real Madrid e il Barcellona, entrambe decise ad avere il suo talento.

 

La rinuncia del Barcellona

Il presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu, tratta l’acquisto con il club colombiano, mentre i blaugrana fanno la stessa cosa con il River Plate. Ne nasce una disputa legale con inutili tentativi di mediazione della federazione spagnola. Alla fine il Barcellona rinuncia. Finirà per pentirsene. Di Stefano arriva a Madrid nel 1953: con la maglia del Real giocherà undici stagioni vincendo 8 volte la Liga e 5 volte la Coppa dei Campioni, contribuendo in modo decisivo alla nascita della leggenda del Real Madrid in Coppa dei Campioni. La manifestazione, infatti, comincia nel 1955-56 e le prime cinque edizioni (con formula e partecipazione molto diversa da quella estesa di oggi) sono vinte appunto dal Real. Quel bottino iniziale di cinque trofei è metà del totale di vittorie in Coppa Campioni del club madridista, che ha conquistato proprio quest’anno la tanto desiderata «decima». Di Stefano chiude la sua carriera al Real a 38 anni proprio con una finale, questa volta persa, di Coppa dei Campioni, quella giocata nel 1964 a Vienna contro l’Inter di Helenio Herrera e vinta dai nerazzurri 3-1. Termina la sua carriera da giocatore, premiata ben due volte con il Pallone d’Oro (1957 e 1959) con altre due stagioni nella Liga indossando la maglia l’Espanyol, ritirandosi a 40 anni. Per la Fifa è uno dei cinque grandi del ‘900 insieme Pelè, Maradona, Beckenbauer e Cruijff.

 

Mai al Mondiale

Tanto ha raccolto con i club, tanto poco con la nazionale. Anzi, con «le» nazionali perché dopo l’esordio con l’Albiceleste argentina (e due presenze anche con la Colombia), quando ottiene la cittadinanza spagnola Di Stefano sceglie in via definitiva la Spagna. Ma la «Roja», a quell’epoca, può soltanto sognare una squadra vincente come quella degli anni recenti. E Di Stefano non basta a conquistare successi internazionali: il fuoriclasse del Real non avrà mai la soddisfazione di giocare una partita in un Mondiale. Nell’unica occasione in cui, durante la sua carriera, la Spagna partecipa a una fase finale (1962, Mondiale in Cile), Alfredo Di Stefano è infortunato. Più soddisfazioni ottiene invece dalla carriera di allenatore tra Spagna (due volte sulla panchina del suo Real, poi Elche, Valencia, Rayo Vallecano, Castellon), Portogallo (Sporting Lisbona) e Argentina (Boca e River). In tutto conquista tre campionati (due in Argentina, uno in Spagna), una Supercoppa di Spagna e una Coppa delle Coppe con il Valencia.

Corriere della Sera