Argentina, il liberale Macri è il nuovo presidente Argentina, il liberale Macri è il nuovo presidente

Publicado el 23/11/2015

Risultati ufficiali del ballottaggio. Il candidato peronista, Daniel Scioli, si ferma al 48,6%. Il leader dell'opposizione "Cambiemos" ha conquistato il 51,4 % dei voti e archivia così dopo 12 anni il peronismo in chiave "kirchnerista"

L'Argentina cambia verso. Il leader dell'opposizione, Mauricio Macri, ha vinto il ballottaggio contro l'erede di Cristina Kirchner, l'ex governatore della provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli, mettendo fine, almeno per ora, alla lunga stagione del "kirchnerismo", iniziato nel 2003 con la presidenza di Nestor Kirchner, e proseguito con i due mandati di sua moglie Cristina. Macri ha battuto Scioli per meno di un milione di voti, 51,4% a 48,6%. Nonostante il margine della vittoria sia molto inferiore a quello previsto dagli ultimi sondaggi, la scossa è profonda perché nel corso di tutta questa campagna elettorale si sono confrontati apertamente in Argentina due modelli di società, a cominciare dalle scelte economiche che, fin dal prossimo 10 dicembre, quando Macri entrerà ufficialmente nel palazzo presidenziale della Casa Rosada, saranno decisive per il futuro del Paese.

Molto al di là dei suoi meriti, l'ex sindaco di Buenos Aires, ha finito per rappresentare un desiderio di cambiamento che è cresciuto e si è rafforzato soprattutto in una classe media argentina stanca dei capricci e delle bizzarie della vedova di Nestor Kirchner, l'ex presidente morto d'infarto nel 2010. Il vero sconfitto, seppur di poco, dell'elezione di ieri, non è Daniel Scioli, che come candidato ufficiale del peronismo, s'è trovato a dover difendere, molto al di là dei suoi desideri, il kirchnerismo in declino, ma la regina dell'ultimo decennio, ossia Cristina, che non è riuscita a estendere, almeno per ora, la sua egemonia politica attraverso un seguace, seppur scelto a malincuore.

L'Argentina che ieri ha scelto Macri è un Paese che dice "no" al modello autarchico, isolazionista e fortemente nazionalista, imposto da Cristina, e che rifiuta anche una interpretazione muscolosa e esclusiva del potere in democrazia. Alla fine, con la crisi economica che s'addensa, il dibattito s'è concetrato sulla convenienza o meno di conservare un modello che privilegia l'assistenzialismo dello Stato (sussidi ai servizi di base come luce, gas e trasporti, e programmi sociali generalizzati a favore dei meno abbienti), divenuto però insostenibile con la caduta dei prezzi delle materie prime di cui l'Argentina è ricca. Scioli prometteva, non si sa bene come, di conservarlo. Macri meno, garantendo invece misure che favoriscano il ritorno degli investimenti esteri e, in politica internazionale, un solido riavvicinamento agli Stati Uniti, staccando la spina in America Latina dai Paesi del fronte neopopulista, quello della sinistra bolivariana nata con Chávez in Venezuela, come Ecuador, Bolivia e, in parte, anche Brasile.

Di origine italiana (padre calabrese, nonna romana), il nuovo presidente dell'Argentina, 56 anni, è laureato in ingegneria all'Uca, l'Università cattolica argentina. E' cresciuto nell'ombra del padre, imprenditore nelle costruzioni diventato miliardario in Argentina, prima di rompere i rapporti con la famiglia soprattutto per il suo impegno in politica. E' stato presidente del Boca Juniors dal 1995 al 2008 e poi, per due mandati, sindaco di Buenos Aires. Sequestrato nel 1991 venne rilasciato dopo il pagamento di un riscatto di sei milioni di dollari.

Visto il risultato finale del ballottaggio non avrà vita facile alla Casa Rosada. In fondo ha vinto ma non convinto. E non è affatto da escludere che quello di ieri sia il risultato migliore per Cristina Kirchner già pronta, secondo molti osservatori, a tornare in campo se la terapia di shock economico che promette Macri non avrà buon esito nei prossimi

mesi. La crisi brasiliana e il ridimensionamento della domanda cinese di soia hanno dissanguato le finanze e gonfiato il deficit di bilancio statale dell'Argentina che potrebbe essere costretta presto a svalutare la sua, già malmessa, moneta con gravi conseguenze sociali.

Di: OMERO CIAI www.repubblica.it